Alla base della mostra è il tema del “percorso”, centrale nella ricerca del gruppo romano Stalker, che afferma: “I percorsi che noi realizziamo sono pratiche insieme esperienziali e conoscitive, svolte con attitudine ludica e curiosità; azioni dinamiche e unitarie attraverso la frantumazione spazio-temporale del territorio contemporaneo; architetture trasversali attraverso cui scoprire, varcando limiti e costeggiando margini, processi e relazioni altrimenti invisibili”.

Per mostrare efficacemente queste riflessioni all’interno di un luogo definito e racchiuso come Opos, è necessario che la galleria stessa si trasformi in un territorio da attraversare. Così, Stalker invade lo spazio con un mare di fogli accartocciati, che compongono in 5 fogli differenti il catalogo, moltiplicato in 15.000 unità. Testi, cartografie, testimonianze in cui i visitatori s’immergono e dove possono realizzare l’esperienza fisica di un viaggio.

“Un viaggio attraverso la sedimentazione di memorie, dove frammenti di un’esperienza compongono un territorio di scarti che rifiutano l’evidenza, ma che si lasciano “spiegare” da chi ha ancora curiosità e voglia di giocare”. Questo spazio “caotico, dinamico e instabile è animato dagli stessi visitatori, che sono liberi di realizzarvi i proprio percorsi soggettivi e casuali”. Ciascuno, poi, è libero di appropriarsi dei frammenti fisici che più lo interessano e di portarli con sé.