Nato come catalogo della mostra omonima, svoltasi alla Triennale di Milano tra il 19 settembre 2003 e il 4 gennaio 2004, Piero Portaluppi. Linea errante dell’architettura del Novecento è il risultato finale di un percorso di ricerca lungo e ricco di sorprese, che ha portato all’apertura dell’omonima Fondazione.
Per molti decenni la figura di Portaluppi, decisamente eccentrica rispetto alla narrazione ufficiale del moderno, fu “avvolta da un’aura particolare e limitante: gli stereotipi lo volevano da una parte architetto eclettico e costruttore di centrali elettriche dalla genialità visionaria, dall’altro lo liquidavano come un personaggio dell’età di mezzo, agnostico e incapace di fare il salto definitivo verso la modernità”. Questo libro rappresenta una tappa fondamentale nella riscoperta critica dell’architetto milanese, che si avvale per la prima volta di “un’analisi complessiva e approfondita dell’importante patrimonio di opere e progetti realizzati”.

Il volume è introdotto da una selezione ragionata di 63 opere portaluppiane, abbondantemente illustrate da un ampio apparato iconografico, fatto di fotografie d’epoca e contemporanee e dei disegni originali dell’architetto.
Seguono 5 approfondimenti tematici – con i saggi di Guido Canella, Ferruccio Luppi, Luciano Patetta, Jeffrey T. Schnapp, Guido Zucconi, tra gli altri – che raccontano le tante sfaccettature della figura poliedrica e complessa di Piero Portaluppi.
Formazione e prime opere si concentra sugli inizi della sua carriera, tra i primi restauri di edifici rinascimentali – come la Casa degli Atellani di Milano (1919-1921) – e gli esperimenti déco; l’ampia rete di centrali elettriche e le sorprendenti architetture e città d’invenzione sono approfondite nella sezione Stili dell’energia e visioni del moderno; Portaluppi e Milano descrive il rapporto privilegiato dell’architetto con la sua città d’origine, dove fu professionista, professore e animatore instancabile del dibattito culturale, e dove costruì tantissimo – da Palazzo Buonarroti in corso Venezia (1926-1930), all’Edificio RAS di via Torino (1935-1938), alla Sede della Federazione dei fasci milanesi in piazza San Sepolcro (1935-1940). L’abitare borghese, infine, esplora gli interni reali e immaginari delle case di Portaluppi, di cui Villa Necchi Campiglio, sempre a Milano (1932-1935) resta l’esempio più celebre.